Dieci ristoranti del Grande Salento da conoscere e due promesse da tenere in considerazione: la classifica di Francesco Zompì

Avvocato di professione e redattore gastronomico per passione, Francesco Zompì ci fa conoscere i ristoranti del Grande Salento che vale assolutamente la pena conoscere

Prosegue il nostro percorso alla scoperta dei migliori ristoranti del Grande Salento attraverso il parere di chi ha fatto della ristorazione e della gastronomia una passione che corre in parallelo alla propria professione.

Avvocato dal 1978, per Francesco Zompì l’alta cucina è stata una scoperta fatta quasi per caso, sul finire degli anni ’70, “folgorato sulla strada di Imola”, parafrasando una più nota citazione: il San Domenico, ristorante ormai storico, sede dell’alta cucina italiana, ha fatto da spartiacque tra la sua vita prima e dopo la scoperta del significato della cucina più autentica. Se, infatti, prima aveva molte limitazioni sul cibo, dopo quest’incontro di sapori, Zomp elimina ogni preconcetto e comincia a mangiar di tutto appassionandosi alla cucina non solo come fruitore ma anche via, via da esperto.

Cominciano, così, dei veri e propri tour gastronomici guidato dalle scelte della Guida de L’Espresso o della Guida Michelin, sempre in tasca. Poi, l’ingresso in Slow Food in qualità di fiduciario per il Capo di Leuca, impegnativo e gratificante, attraverso il quale organizza diversi eventi gastronomici di spessore, poi, nel 2001, in seguito all’incontro con Pasquale Porcelli, capoarea della Guida de L’espresso, inizia a collaborare con il celebre vademecum dei ristoranti italiani stilando le schede di numerosi ristoranti. Per 15 anni circa, quindi, è un collaboratore della Guida Espresso oltre a collaborare con Guida Osterie, scrive poi per Vinoway e, infine, per Puglia Expo, blog creato con Michele Bruno.

La sua passione per la cucina e per la buona ristorazione, oltre alla sua esperienza di lungo corso nel settore, lo portano fino a Salento Vip, per il quale ha deciso di rilasciare una classifica dei ristoranti del Grande Salento tra luoghi del cuore e posti che vale davvero la pena conoscere per i motivi che ci andrà a spiegare con poche, significative parole.

Una classifica dei migliori ristoranti (così come di bar, o di film, di libri o di qualunque altra cosa soggetta a valutazioni personali), per quanto possa essere lunga, non sarà mai completa, e, soprattutto, non sarà mai esente da critiche, sia da parte di altri “critici”, sia da parte di ristoratori che ritengono, probabilmente a ragione, di esserne rimasti ingiustamente esclusi.

Sicchè, la mia lista non ha la pretesa –anche volendolo, non ne avrei l’autorità- di comprendere i migliori dieci ristoranti del Grande Salento, ma solo di suggerire 10 posti, elencati in rigoroso ordine alfabetico, molto diversi tra loro, nei quali non ci si dovrebbe pentire di esserci andati.

Accanto a ognuno di loro, ho ritenuto, per caratterizzarli, di aggiungere qualche parola.

ALEX – Il classico.
È diventato un’istituzione. Non si può non amare Alessandra; cinquanta chili (forse) di energia, di invenzione, di pura sapienza gastronomica.
Alessandra non cerca di stupire con effetti speciali; lei stupisce con l’ordinarietà.
E poi c’è Alessandro; all’apparenza burbero ma padrone del mestiere e conoscitore del “cliente” come pochi.
Aggiungeteci una cantina di primordine et voilà, buon appetito.

CASALE FERROVIA – Formula magica.
Lei, praticamente autodidatta, in cucina; lui, capitano di lungo corso (me lo ricordo ancora, insieme al mitico Teodosio, nel ristorante stellato della sorella Teresa), in sala. Quando si dice, la conduzione familiare.
Una coppia in continua evoluzione; dal Castelletto al Casale; tre chilometri che racchiudono una vita; dall’entusiastico dilettantismo all’alta professionalità, in sala e in cucina; senza, però, mai perdere di vista il contatto umano con qualunque cliente.
Non si può rimanere delusi.

COSIMO RUSSO – La scuola.
Mangiare da Cosimo (scuola Four Season di Sergio MEI, basta la parola) è come fare un viaggio a Venezia per due innamorati freschi, come guidare nell’ora di punta nel traffico di Napoli, come buttarsi dal Ponte Ciolo per un tuffatore dilettante, come scendere da una pista nera al terzo giorno in cui si inforcano gli sci.
Un’esperienza, insomma. Con il rischio che potrebbe dare dipendenza.

DUO – La cucina gourmet.
Passare da una pizzeria di una minuscola frazione del Basso Salento a uno dei più ricercati ristoranti della città è equivalso a un triplo salto mortale con felice atterraggio.
Sicuramente il locale più innovativo e più in linea con le tendenze dell’alta cucina che ci sia in provincia.
Non tutti i piatti riscuotono il medesimo gradimento –è il rischio che si corre soprattutto quando ci si lascia andare ad accostamenti particolarmente arditi- ma il coinvolgente entusiasmo e la tenacia di Fabiano meritano l’applauso.
Esperienza da fare almeno una volta.

LA RUA DE LI TRAVAJ – La tradizione.
Vedo già nasi storti. Che ci azzecca ? Ci azzecca, ci azzecca.
Non si può parlare di Salento e non menzionare chi, fra i primi, ha sfidato i risotti alla marinara, le penne prosciutto e piselli, le tagliate rucola e grana e ha proposto scurdijata, ciciari e tria, pezzetti di cavallo e gnummareddhi .
Adesso sembra tutto ordinario, quasi banale…ma nel secolo scorso?
E poi c’è il surplus di Gino, un vulcano mai spento. Andateci in una sera di inverno, quando lui può anche permettersi di uscire dalla cucina e girovagare fra i tavoli. Uno spettacolo nello spettacolo.

LOCANDA DEI CAMINI – La certezza.
Lui vuole mangiare pesce e lei carne? Giuseppe mette d’accordo entrambi. Difficile trovare un locale, non solo in zona, in grado di fornire, contemporaneamente, una proposta, ampia e di eccellente qualità, sia nel carrello del pesce sia in quello della carne. Difficile non trovare quello che si cerca.
Non chiedete preparazioni strampalate; vi sarà dato il lusso della semplicità.
Con l’aggiunta della preparazione, o della rifinitura, al tavolo di una buona parte dei piatti (dal crudo di mare, sfilettato e variamente condito davanti a voi, alle tagliatelle ai porcini, al tagliolino al tartufo, alla bistecca di carne pregiata cotta rigorosamente sulla brace di legna).

ORIGANO – La conferma.
Si alternano i piloti, ma la macchina continua a correre spedita e il passeggero non avverte cambi di guida. Come dire? Tutto scorre ma nulla cambia. Non c’è niente da fare; i cuochi-non proprietari, a un certo punto, pare che debbano per forza cambiare aria; adesso è il turno di Roberto, già aiuto di Alfredo (trasferitosi di qualche chilometro). Ci ho mangiato già 2 o 3 volte dopo l’avvicendamento; se non me lo avessero detto, forse non lo avrei notato. La solita dolce sinfonia di suoni (leggi sapori) salentini confusi con esotiche melodie. Niente di già visto; tutto da vedere.

PIAZZETTA CATTEDRALE – Il mix perfetto.
Il punto più bello della Città Bianca; un locale che è una bomboniera; un servizio competente; una cantina di tutto rispetto; una cucina che non può deludere; un conto meritorio.
Cos’altro chiedere?

TRE RANE – La sorpresa.
Quello che non ti aspetti. Un locale piccino picciò (16 posti quando c’è il pienone) che in Salento non si è mai visto; una cantina che se conosci tre etichette sei un intenditore; un menu che non prevede minchiareddhi e orecchiette, ma neanche scampi e aragoste; un cuoco che, col sorriso con le labbra, si mette ogni giorno in discussione.
Imperdibile.

VIGNETO DEL GUSTO – L’ambizione.
Volli, volli, fortissimamente volli. Motto tagliato su misura per il giovanissimo Nicolò, ultimo rampollo della dinastia COPPOLA.
Ha iniziato a farsi le ossa nella Pizzeria/Braceria Food & Pop, più congeniale alla sua età, ma, nemmeno il tempo di pensarci su, e si è buttato, anima e corpo, nell’ambiziosa sfida di raggiungere il firmamento della cucina regionale.
Gli ingredienti ci sono tutti; il locale -esempio di moderna architettura, metà sala e metà giardino a diretto contatto con i vigneti- è fra i più suggestivi; il servizio è estremamente curato; da pochissimo, è stato ingaggiato l’anello mancante, quello che chiude il cerchio, il cuoco della svolta definitiva.

In panchina. Le promesse.

FARNARI
Aperto a luglio scorso, ma è già più di una promessa.
Qualche piccolo ritocco (magari portare il servizio al livello della cucina; ampliare la cantina con bottiglie che non siano le “solite note”) e via andare.
Ne sentiremo parlare.

DA GIANNI
Non poteva mancare un posto in cui mangiare, tutto l’anno, praticamente sulla spiaggia. È di questi giorni la notizia dell’arrivo di un nuovo cuoco.
Si prevede un sensibile miglioramento della (peraltro già buona) proposta.
Cantina e servizio stanno facendo passi da gigante.




Marcella Barone