I ristoranti più affidabili del Salento? Sono 10 per l’e(t)nogastronomo Pino De Luca

Unicità, affidabilità, servizio: ecco i criteri di Pino De Luca per stilare una piccola guida ai dieci ristoranti che meritano una visita approfondita in Salento. Scopriteli con noi e diteci la vostra!

Avevamo detto basta alle recensioni anonime e ci avete ascoltato: su SalentoVip ora avete la possibilità di lasciare il vostro personale commento su un ristorante mettendoci la faccia e pubblicandolo anche sulla pagina dello stesso. E chi se non un esperto di ristorazione come Pino De Luca poteva aprire le danze tracciando un vademecum dei ristoranti più affidabili del Salento da cui prendere rigorosamente nota?

Con la sua autorevole conoscenza della cucina, Pino De Luca, da molti conosciuto come “zio Pino”, ha lasciato ben dieci recensioni dei ristoranti che a suo parere sono tra i più affidabili per qualità, ospitalità ma, soprattutto, quelli che hanno davvero qualcosa che li rende unici e in quanto tali meritevoli di una visita in una città o paese appositamente per loro.

Da vero cultore dell’enogastronomia, la domanda principe che si pone De Luca è la seguente: “Perché devo venire in questo ristorante?”. Non si può di certo rispondergli: “Perché si mangia bene”. Si può mangiare bene ma non vivere alcuna esperienza e non assaggiare nessun piatto unico, identitario, rappresentativo della mano o della ricerca di uno chef. “Ecco perché, anni fa, mi permisi di chiedere ad alcuni chef di inserire nel menu gli spaghetti al pomodoro, un piatto apparentemente semplice – spiega – ma che denota grande tecnica. Gennaro Esposito e Antonino Cannavacciulo lo hanno fatto subito, ma molti altri no. Meno ingredienti ci sono e più il piatto è difficile da realizzare perché non ci sono molte possibilità di mistificare. I tre piatti più complessi della cucina italiana, infatti, sono i tonnarelli cacio e pepe, gli spaghetti aglio e olio e gli spaghetti al pomodoro”.

Se la cucina italiana può essere insidiosa seppur in apparenza semplice, l’e(t)nogastronomo De Luca ci ricorda che alla corte di Federico II, che per primo plasmò la nostra cucina scrivendo due manuali ancor oggi considerati tra le prime testimonianze di ricettari moderni, i banchetti erano una cosa seria e l’opulenza dimostrata in quelle occasioni dava prova dell’importanza e della potenza di un casato. Eppure, “il vero tesoro della cucina italiana – racconta De Luca – non è l’ostentazione, bensì la capacità tipica delle mamme salentine di mettere in tavola pranzi e cene con quasi nulla, erbe selvatiche e muersi diventano tesori tra le mani sapienti delle mamme”.

Sono preziosi anche quei motivi che ci portano a tornare in un ristorante un po’ perché ci si sente a casa, un po’ perché quel piatto lo troviamo solo lì. I criteri secondo cui De Luca ha stilato questo “vademecum” sono l’unicità di un ristorante, anche solo per uno dei piatti sul menu che ti porta a ritornarci, la professionalità sopra ogni cosa, e poi l’accoglienza e l’ospitalità nei confronti di ogni cliente. Una volta definiti i criteri, ecco le sue puntuali recensioni da cui vi consigliamo di prendere spunto.

Alex Ristorante:
“Non si viene a Lecce per poi andare da Alex, ma si viene a Lecce proprio per mangiare da Alex e poi, se avanza tempo, si visita la città”, ci dice Pino riferendosi ad Alex Ristorante, definendo la chef Alessandra Civilla, nella sua recensione, come una chef “giovane e straordinariamente preparata” e la “materia prima che non a caso si chiama prima, capacità di innovazione senza scomporre, smontare, ridurre o strapazzare”. Il patron Alessandro Libertini, invece, “un vero imprenditore della ristorazione che ha compreso che la ristorazione è un’impresa e come tale va guidata”.

Il Vecchio Molo:
Se si vuole mangiare il polpo, Pino De Luca non ha dubbi: bisogna andare da Davide Rollo, a San Foca. “Sonia in sala, Davide in cucina. Le seppie fresche. Tripudio di emozioni. Sonia disvela una cantina accurata. Poi. Poi fatevi fare un gelato e date uno sguardo al distillato. Ahi Davide Davide, tu mi stravizi”. 

L’Aragosta da Cò:
Cucina e vino sono gli elementi indimenticabili del noto ristorante sito a Porto Cesareo per Pino De Luca che scrive: “La cucina è più adriatica che jonica, ha influenze che mi ricordano la grande scuola messapica, più Atene che Sparta insomma. E poi, dieci o dodici anni fa, il privilegio di trovare una bottiglia del mio amico Franz Haas non era cosa comune”. Anche questo, dunque, consigliatissimo.

Cosimo Russo:
“Diciamolo qua che nel ristorante si tace e si gode. Scuola di lunga pezza, Katia tra l’altro lavora la pasta di mandorle come pochi altri. Leverano ha avuto un impulso possente nella qualità della Ristorazione da quando Cosimo ha deciso di avventurarsi in questa impresa”: così Pino De Luca elogia il ristorante che a Leverano fa sentire a casa con la sua pecora e le lumache di mare in brodetto.

Taverna del Porto:
Il mare è interpretato alla perfezione qui, la cantina ben fornita, il banco del pesce “semplicemente fantastico”. Spesso è così in quei posticini piccoli tipici di mare, che racchiudono la bellezza e la suggestione propria di un porto. “E poi quando c’è la scapece nella mastella è un tripudio. Da non dimenticare mai i dolci, soprattutto la crostata della mamma di Alessandro. Non ha pari”.

Il Vigneto:
Da grande amante dei vini, lo “zio” Pino non poteva che soffermarsi anche su Il Vigneto dove “alla cantina di lontana origine (tra il 1400 e il 1500) è annesso un ristorante di modernissima concezione. Lo chef è un giovane dalle idee chiare e propone piatti stellari in porzioni salentine. La sommellerie è di livello almeno pari a quello della cucina anche perché il pezzo forte è la cantina”. Consigliati Li Rocci e il Doxi, ma sono davvero in tanti a meritare una menzione. Il Vigneto è uno di quei posti dove non si va per caso… 

Masseria Melcarne:
Piena campagna fuori, piena campagna in tavola. Nel cuore restano “gli spaghetti con le olive e la tasca di maiale”, anche se la cucina spazia molto tra evoluzione e tradizione. “Un tempo era tra le mie mete preferite, ora mi muovo di meno ma anche qui, ogni volta che ho mandato amici, se hanno trovato posto, dopo mi hanno ringraziato”.  

La locanda dei Camini:
Altro luogo consigliato grazie ad un “ambiente ampio e luminoso, materia prima di altissima qualità, servizio preciso”, tre caratteristiche imprescindibili per poter consigliare un ristorante ad amici e parenti. Un luogo che conferma le impressioni e non delude mai.

L’Altro Baffo:
“Te quiddhru ca nc’è nu manca nienti!”: è con questa affermazione che Pino ricorda Michele al ristorante L’Altro Baffo a Otranto, una pasquetta di diversi anni fa. È un modo di dire che si traduce in pranzi sopraffini, gustosi, “uno dei pranzi più gustosi della mia vita, compresa una raja fritta inimitata”, ricorda. Tra i tanti aneddoti “me lo ricordo ancora uno che fu mio editore di Roma e la sua moglie che “io non mangio pesce” e il piatto di linguine con gli scampi rimase come se fosse stato appena lavato”. 

Origano:
Personalità, storia, ma mai provincialismo. A Minervino si va per Origano: “Area dell’Idruntino e della Trìa. Vini di Gaetano Marangelli, cucina di Alfredo De Luca”. Tecniche di cottura antiche e moderne si alternano all’arte di Alfredo “che riesce a darti sensazioni diverse facendo mangiare due volte lo stesso piatto. Anche consecutive”. Cos’altro aggiungere? “La location è semplicemente fantastica e il servizio? Coordinato da Antonio Guarini. Non dico altro”.

Perché dovete andare in questi dieci ristoranti? Pino De Luca risponde alla domanda per ciascuno di questi, alcuni di mare, altri espressione del territorio, altri vantano cantine eccellenti. Non sono classificati secondo una top ten, ma sono in ordine sparso, tutti accomunati però dall’unicità e dall’affidabilità del prodotto e del servizio. Lasciate anche voi la vostra recensione e scriveteci se siete d’accordo con il consiglio di Pino De Luca.

Marcella Barone