Contaminazione e territorio fanno il paio nella cucina di Luca Calabro “Al 76” di Melendugno

Un’esperienza ventennale da Roma a New York passando per l’Europa per poi tornare nella sua Melendugno: è qui che chef Luca Calabro crea piatti che combinano la sua ricerca culinaria alla territorialità.

A 19 anni ha lasciato Melendugno per espandere i suoi orizzonti culinari, fare esperienza prima dal basso e poi sempre più in alto e conoscere nuovi modi di intendere la cucina. Chef Luca Calabro vanta un’esperienza ventennale, dapprima a Roma, poi a New York, Londra, Madrid, San Pietroburgo, ma non chiamatelo chef. Lui, infatti, ama definirsi un cuoco ritenendola una dimensione più vera in quanto, racconta, “Il cuoco è colui che conosce a fondo la materia, che si trova a contatto con il prodotto e lo sa lavorare, soprattutto con i prodotti che la nostra terra ci dà perché la terra, il bosco e il mare sono un frigorifero aperto”.

Dopo le esperienze maturate in giro per il mondo, la ricerca e lo studio, ha fatto ritorno nella sua Melendugno portando con sé “Al 76”, ristorante con pizzeria che si affaccia su piazza Pertini, un’idea di cucina sia contaminata dalle sue esperienze all’estero che territoriale poiché prende ispirazione dalle materie prime locali: “Io stesso vado spesso a raccogliere il timo sulla scogliera che va da Torre Dell’Orso a Sant’Andrea. La salinità del mare dà un valore aggiunto all’erba e alle spezie che si trovano in natura”.

La tradizione dei piatti tipici locali viene rivisitata in un gioco di contrasti e sorprese nella cucina di chef Luca. Le sue fave e cicorie, ad esempio, reperite in una masseria di Zollino, diventano una vellutata con una quenelle di cicoria al cui interno si nasconde la rana pescatrice. Terra e mare sono gli accostamenti più amati dal cuoco del nuovo ristorante di Melendugno che, con 45 coperti circa, punta alla qualità dei piatti proposti con prodotti di prima scelta.

Quanto alle carni, chef Luca propone un reale scozzese, un manzo che va dai 36 mesi ai 40 mesi di età, frollato a 50 giorni, ideale per gli amanti della carne al sangue. La carne di cavallo, tipica della zona, viene proposta con un’entrecote abbinata alle rape affogate nel Negroamaro. Proprio le rape sono un elemento con cui lo chef ama giocare: questa immancabile verdura di stagione, rappresentativa del territorio, viene affogata e ripassata nel vino rosso accompagnando un delicato polpo cotto al vapore.

Due i primi piatti frutto di una contaminazione con altre tradizioni culinarie preparati dal cuoco melendugnese: il primo potrebbe apparire dalla facile realizzazione, ma sono le materie prime la vera chiave di questo piatto. Paccheri con alici del Mar del Cantabrico, lavorate in maniera particolare e difficilmente reperibili, e burro di Normandia con una spolverata di pecorino che dà il “la” ad un piatto dal grande valore. Contaminazione romana, invece, per lo spaghetto in guazzetto di amatriciana con guanciale e pecorino. Niente aglio né cipolla, chef Luca segue la disciplinare dell’amatriciana e della carbonara passando per gli insegnamenti del suo maestro, chef Antonello Colonna, punto di riferimento della vera cucina romana.

Grande attenzione ai dettagli dunque, come la lavorazione del pomodoro, rigorosamente fresco e selezionato. Piccadilly, Datterino e San Marzano tra i pomodori utilizzati dal cuoco coi quali si diverte a realizzare concassè e mirepoix per le sue ricette più creative.

Dulcis in fundo, lo chef realizza anche dei dessert espressi come il soufflè al cioccolato, la bavarese alla frutta e l’immancabile tiramisù con gocce di Kahlua.

“Comincia tutto con spugnetta e olio di gomito. Si deve cominciare dall’igiene, lo dico sempre, poi viene tutto il resto”. Una lezione di vita, questa, che vale per tutti gli aspiranti cuochi e chef e che Luca Calabro ha imparato sin dagli esordi e porta sempre con sé trasmettendola agli altri anche in questa nuova avventura cominciata da pochi mesi nella sua Melendugno.

@ Al 76

Marcella Barone